Border Nights: l’informazione libera secondo Fabio Frabetti.
Qualche anno fa, girovagando per la directory podcast di iTunes, mi sono imbattuto in una trasmissione, intitolata Border Nights, dagli argomenti taglienti e dai toni pacati, condotta da una ragazzo, Fabio Frabetti, che mi ha sorpreso per la sua tendenza a “lasciar parlare”.
Sembra assurdo, ma oggi come oggi sembra che parlare non sia più così difficile, mentre ascoltare è diventata una dote rara, soprattutto con i ritmi sempre più serrati della TV. E, perché no, ormai anche del web.
Fabio Frabetti invece pone delle domande, generalmente in riferimento a riflessioni su notizie di attualità o su grandi temi a carattere storico / politico e poi ascolta, non si sovrappone, lascia il suo interlocutore esprimersi fino alla fine, quasi come se non ci fossero tempi prestabiliti a scandire il passare del tempo nelle Border Nights, queste notti passate ai confini dell’informazione.
Sicuramente Border Nights non è una trasmissione semplice, anzi. Gli argomenti trattati richiedono spesso un grado di attenzione elevato da parte dell’ascoltatore, ma d’altronde né Fabio Frabetti né tantomeno i suoi ospiti vogliono essere intrattenimento. Sicuramente vogliono essere cultura, approfondimento, informazione libera senza diktat. Border Nights è selettiva: tiene alla larga le menti non predisposte all’ascolto e al confronto.
Non sempre si è concordi con ciò che gli ospiti dicono o con le loro conclusioni e probabilmente nemmeno Fabio Frabetti lo è. Ma il bello di Border Nights è lasciar parlare ed ascoltare, perché la crescita sta anche nel confronto, nel valutare le opinioni, nel rimodellare le proprie. E anche nel cambiare idea, ogni tanto.
Sono curioso di scoprire chi è Fabio Frabetti e di come vive questo suo ruolo.
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D. Chi era Fabio Frabetti prima di Border Nights?
R. Un ragazzo con la passione del giornalismo da sempre. Da bambino giocavo con i registratori e già mi divertivo a realizzare finte interviste alle cuoche del ristorante dove vivevo oppure a mia nonna. Ho iniziato nel mondo delle tv locali toscane per poi abbracciare il mondo delle telecronache di calcio vincendo anche un casting organizzato da Sky, dei quotidiani on line, dei settimanali. Ho iniziato a raccontare misteri italiani, drammi sociali, cercando di dare la voce agli ultimi, a coloro i quali difficilmente viene data la possibilità di urlare le ingiustizie subite. Allo stesso tempo però ero affascinato dalla radio ed in particolare dal mettere in piedi un talk notturno, ispirato dalle magiche notti adolescienziali in cui ascoltavo Michele Plastino e le sue “voci nella notte”. Fino al 2011 però non avevo un’idea precisa di quello che avrei voluto fare e ho abortito varie puntate zero di programmi che però non avevano trovato una loro strada.
D. Come ti sei appassionato alle tematiche trattate dalla cosiddetta “informazione alternativa”?
R. Probabilmente queste tematiche sono state sempre in sordina dentro di me. Ricordo quando nel 2002, nel corso di uno spettacolo di Beppe Grillo, venne mostrato il libro di Tierry Meyssan “L’incredibile menzogna” in cui si smontava la versione ufficiale dell’11 settembre. Poi ricordo il libro “Falsi allarmi”, scritto credo da un biologo inglese. E quindi l’incontro negli anni seguenti con Luogo Comune, Come Don Chisciotte, Disinformazione. E poi il fatidico incontro con il blog di Paolo Franceschetti. Inizialmente rimasi piuttosto terrorizzato da quello che si raccontava nei vari post e per diversi anni quasi rifiutavo quelle letture di alcuni dei più noti delitti italiani. Mi dicevo: “non è possibile”. Poi, evidentemente, era un percorso che prima o poi avrei dovuto intraprendere…
D. Com’è nata la volontà di produrre contenuti inerenti a questo tipo di argomenti?
R. Nel 2011 decisi per l’ennesima volta di mettere in piedi quel fatidico programma radiofonico notturno. Ma anche allora le prime puntate servivano quasi più a me che agli altri. Ero quasi pronto ad abbandonare di nuovo. Mi fece desistere il coinvolgimento di Mister Nichilista, youtuber che mi affascinava proprio per essere totalmente in contrasto con i suoi coetanei. Ho sempre amato i bastian contrari per convinzione. La vera svolta arrivò però quando invitai come ospite Paolo Franceschetti. In quell’intervista colsi che quello sarebbe potuto diventare un appuntamento fisso e così qualche settimana più tardi proposi a Paolo di realizzare ogni settimana una conversazione di venti minuti, per comprendere meglio i cosiddetti delitti rituali.
D. Come sei riuscito a creare una community così vasta? Quali sono stati i passaggi fondamentali?
R. Inizialmente è stato determinante l’apporto dei lettori del blog di Paolo Franceschetti. Un’altra tappa fondamentale è stata quella di aprire un canale di podcast su Spreaker: grazie alla possibilità di ascoltare il programma non solo in diretta su Web Radio Network ma anche in differita, abbiamo attirato migliaia di ascoltatori. E poi tutto è venuto di conseguenza. Il programma si è strutturato sempre di più passando dalle due ore iniziali alle punte di sei ore toccate in alcune puntate. Aver coinvolto tanti ricercatori, scrittori, medici, giornalisti indipendenti ci ha reso una voce fuori dal coro da ascoltare. Credo che la nostra forza sia sempre stata quella di mescolare argomenti che spesso si trovano in luoghi diversi: letture non convenzionali del mondo contemporaneo, misteri italiani e della storia, crescita interiore, spritualità e tanto altro. Insieme ad una musica d’atmosfera particolarmente ricercata che concilia con le riflessioni ed i percorsi interiori e della conoscenza.
D. Quanto sono importanti i video e le dirette su Youtube rispetto al podcast? Quale canale ti porta più soddisfazioni in termini di pubblico?
R Credo sia stata una bella intuizione quella di coinvolgere in video alcuni dei personaggi più seguiti nel programma. E così è nato “Carpeoro Racconta” in onda sul nostro canale YouTube ogni domenica mattina. E poi a seguire “Mazzucco Live”, attualmente il programma più seguito (NdR leggi la mia intervista a Massimo Mazzucco), “Gioele Magaldi Racconta”, gli speciali con Giuliana Conforto, “Scuola di Astrologia”, “Massoneria On Air”. Abbiamo così abbracciato altre fette di pubblico e forse creato un nuovo genere. Esistono tanti canali di informazione alternativa sul web, alcuni sono dei veri e propri colossi che realizzano bellissime interviste in post produzione. Noi invece andiamo in diretta e permettiamo al pubblico di intervenire e di porre qualsiasi domanda sul momento.
D. Quanto tempo dedichi alla produzione di contenuti? Come organizzi la tua settimana in funzione di questo?
R. Negli anni è diventato un vero e proprio lavoro. Dalla ricerca e dal contatto degli ospiti giusti, alle dirette radio e YouTube, alla risposta alle tante mail che arrivano fino all’approvazione dei commenti. Al momento continuo a fare tutto da solo soprattutto nei ritagli di tempo. Ma è chiaro che se la crescita continuerà a questi ritmi dovrò a breve prendere una scomoda decisione: quella di abbandonare qualcuna delle attività giornalistiche più tradizionali che continuo comunque a svolgere.
D. Si può “vivere”, economicamente parlando, con un’attività online come la tua? Quali sono le fonti di guadagno che permettono a Border Nights di essere sostenibile?
R. Ancora no, sicuramente ora si vedono i frutti del duro lavoro dei primi anni. Al momento il progetto è sostenuto dalle donazioni degli ascoltatori attraverso la piattaforma di crowdfunding di Produzioni dal Basso, la stampa del “libro stagionale” in cui racchiudiamo la sintesi dell’annata, il coinvolgimento di alcune aziende eticamente virtuose e solo negli ultimi tempi con le entrate dal canale Youtube.
D. Parliamo di censura. Esiste effettivamente un sistema che vieta o quantomeno declassa alcuni argomenti sui principali social media?
R. L’unica cosa che io ho provato in prima persona è stata quella della limitazione o del blocco totale delle entrate sponsorizzate dei video, poi per fortuna revocate. Per il resto vedo comunque che sui social certe notizie potenzialmente scomode continuano a circolare. Il vero problema è che circolano mischiate a tante altre. Anche il pubblico cosiddetto “risvegliato” spesso condivide notizie vecchie oppure messe in rete da siti non proprio affidabili. La dinamica dei social porta l’utente medio a condividere qualcosa solo perché ha un bel titolo senza preoccuparsi troppo del suo contenuto che magari non avrà neanche aperto. Se vogliamo un’informazione main stream diversa dovremmo essere noi per primi a selezionare le fonti da diffondere. Altrimenti si presta il fianco ai cercatori di bufale e fake news che non aspettano altro e che allo stesso tempo si guardano bene dallo smascherare le inesattezze dell’informazione ufficiale.
D. Tra tutte le tematiche trattate, quale pensi sia quella che desta più interesse nel tuo pubblico?
R. Sicuramente tutte le tematiche legate alla salute: vaccini, elettrosmog, ecc. Poi c’è grande interesse per la simbologia di luoghi e personaggi, per i misteri d’Italia, per il mondo della massoneria.
D. Quale credi sia il più grande problema attuale dell’informazione di massa?
R. Sembra rinchiusa in una specie di fortino con il rischio di essere travolta da un momento all’altro. C’è un’ottusa chiusura verso tutto quello che non percorre i binari convenzionali. In trasmissione abbiamo avuto tantissimi personalità che meriterebbero ospitate sulla tv pubblica: dall’economia alla filosofia, dalle nuove scienze alla storia ed al racconto del mondo contemporaneo. Si guardano bene però dal chiamarli. Non so questa chiusura quanto potrà ancora durare, pur con tutti i loro sforzi. La stessa televisione, per come l’abbiamo conosciuta, è ormai finita da un bel pezzo. I giornali poi sono sempre più autoreferenziali e scritti per un ceto molto ristretto. Noi e quelli che si trovano nel nostro stesso campo dell’informazione, siamo già pronti
D. Ci sono dei libri che hanno contribuito a formare la tua coscienza critica? Potresti consigliarceli?
R. Alcuni li ho ricordati prima. Per quanto riguarda la propensione al pensiero positivo determinante nella mia adolescenza l’incontro con i libri di Louise Hay. Sono rimasto rapito poi da Pessoa e dal suo “Libro dell’inquietudine” che ha racchiuso la mia parte più anticonformista ed in parte nichilista. Più avanti “La matrix divina” di Gregg Braden, “Bleep – Ma che beep sappiamo veramente”. Negli anni più recenti mi sono appassionato a Vadim Zeland ed al suo modello di realtà del “Transurfing”. Il campo delle scoperte della fisica quantistica e di quello che possiamo fare per costruire o modellare la nostra realtà mi affascina notevolmente.
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D. Che progetti hai per Border Nights? Come pensi di farla evolvere in futuro?
R. L’obiettivo per me e per un giovane collaboratore che ha il compito di trovare alcune partnership è quello proprio di poter vivere totalmente di questo progetto, farlo crescere sempre di più, sperando che possa ulteriormente diventare un sinonimo di informazione libera di qualità e soprattutto utile per la vita delle persone. La ricompensa più bella in questi anni è stata quando qualcuno, all’improvviso, ha scritto alla nostra mail dicendoci in sostanza: questa trasmissione ha cambiato la mia vita od il mio modo di vedere la realtà. Ecco, spero di ricevere tante mail di questo tipo. A volte una parola, detta in un certo momento di vita, può essere l’impulso per voltare pagina, per superare un momento difficile, per cercare uno squarcio di luce nell’oscurità. Come dice il nostro motto: “una voce può raccogliere una vita che a volte sfugge”.
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Trovi tutti i riferimenti di Border Nights sul sito curato da Fabio Frabetti cliccando qui.
Se ti interessano queste tematiche, ti invito a leggere la mia intervista a Massimo Mazzucco.
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