Sei alla ricerca della serie TV definitiva? La scelta attuale è ampia ed è difficile consigliarti di vederne una piuttosto che un’altra. Sicuramente però potrei dirti ad occhi chiusi i nomi di alcune serie TV da vedere assolutamente che, seppure con qualche anno alle spalle, sono ancora dei must see per gli appassionati di questo tipo di intrattenimento. Come avrai già capito se hai letto l’intro dell’articolo scritto da Paolo Trubiano (che è diventato un influencer grazie a questo telefilm), Lost ha rappresentato molto per me e sono convinto che sia una serie TV imperdibile per chiunque. Oggi parleremo proprio di questo con Mauro De Marco, scrittore, autore di Radio Deejay, ma soprattutto appassionato della serie TV Lost a tal punto da scriverne ciò che per molti è la guida definitiva a questa serie TV.
D. Quando hai iniziato ad appassionarti a Lost? Sei stato uno spettatore della prima ora o hai scoperto la serie “in corsa”?
R. Ho cominciato a seguire Lost dopo la prima stagione. Ho recuperato qualche mese dopo grazie al cofanetto della season 1.
D. Quali sono stati i fattori determinanti che ti hanno fatto appassionare a questa serie TV?
R. Ero diffidente: ecco il motivo del mio ritardo. Durante il lancio della prima stagione mi sono chiesto come potesse svilupparsi una serie improntata su un gruppo di sopravvissuti a un disastro aereo capitati su un’isola deserta, memore del successo del film Castaway con Tom Hanks. Pensavo che il tema potesse reggere un film, non sua serie di 24 episodi. Ho scoperto poi essere stato l’ostacolo evidenziato da JJ Abrams, una volta che la ABC gli aveva proposto di sviluppare l’idea iniziale. Idea che non aveva trovato sbocco con gli sceneggiatori a cui la rete si era rivolta precedentemente. Infatti poi è diventato molto altro
D. Perché diavolo credi che, a distanza di tutti questi anni, siamo ancora qui a discutere e parlare di Lost?
R. Perché Lost è stata la serie “totale”. Attraverso il gancio dell’action-movie, e del triangolo sentimentale, ha potuto parlare a una moltitudine di spettatori facendo riflettere loro su temi importanti e profondi come la natura dell’uomo, e le regole della società in cui ci troviamo a vivere. Temi come il concetto di proprietà privata in contrapposizione al bene comune, la sopravvivenza in contrasto con l’empatia. La fede a dispetto della scienza. Il bianco e il nero sono i colori che caratterizzano il logo e lo sfondo non sono stati scelti casualmente. Così tante questioni filosofiche non sono mai state declinate tutte insieme, prima di allora, nell’ambito di uno show di prima serata in una emittente generalista come la ABC.
D. Quali credi siano stati i “nervi scoperti” che gli autori di Lost hanno saputo titillare ai propri spettatori? Voglio dire, ne siamo stati tutti talmente assuefatti che qualcosa dev’essere per forza scattato in noi. Ma cosa?
R. Innanzitutto il disastro aereo. Rispetto a quando è cominciata la serie, quella era una paura abbastanza recente in riferimento alla tragedia delle Torri Gemelle. Infatti la serie è partita 3 anni e 11 giorni dopo, il 22 settembre 2004 per la precisione: la figura di Sahid Jarrah, ex guardia repubblicana irachena tra i passeggeri dell’aereo, è un chiaro riferimento. Poi la storia d’amore principale, e le altre storie sentimentali contrastate. Quindi l’intensità dei misteri che caratterizzano sia la vita privata dei personaggi, sia l’isola stessa, la quale non è solo un luogo ma funge da personaggio aggiunto. Infine l’introduzione di un colpo di scena quasi ogni 8 minuti. Questi sono gli ingredienti facili che hanno permesso di infilare concetti più alti, elencati nella riposta precedente
D. Credi che Lost abbia costituito una specie di spartiacque tra come venivano concepite le serie TV prima e come sono invece state concepite dopo?
R. Decisamente. La serie – per motivi di budget utilizzato per il pilot – è nata già morta. Nel senso che difficilmente si pensava potesse avere un seguito, la notizia è stata data agli sceneggiatori durante la lavorazione del primo episodio, e a quel punto i creativi si sono sbizzarriti mettendo in campo idee folli che non avrebbero avuto un seguito. Per fortuna le cose sono andate diversamente, e dopo la messa in onda del Pilot caratterizzato da un successo travolgente gli scrittori, memori della libertà creativa concessa per le opere destinate alle emittenti via cavo, hanno pensato che osare, alzare l’asticella, esplorare possibilità finora negate alla tv generalista, dovesse essere la regola da seguire.
D. Oggi la fruizione delle serie TV è completamente cambiata: Netflix ha dimostrato, con un ambizioso e vincente progetto, quanto paghi la qualità e la libertà di produzione. Serie TV come Narcos, Stranger Things o La Casa di Carta hanno letteralmente spopolato, dimostrandosi prodotti eccellenti in grado di entrare nel cuore degli appassionati. Nonostante queste nuove produzioni, il catalogo di Netflix mette ancora a disposizione serie TV più “datate”, come Lost, appunto. Credi che questo telefilm debba comunque essere visto da chi non l’ha mai fatto? Secondo te è una serie ancora attuale oppure soffre il peso degli anni?
R. Lost non risente gli anni che ha sul groppone perché è stata una serie all’avanguardia sotto ogni profilo, compreso quello strettamente tecnico. Era avanti per l’epoca in cui è stata realizzata. Resta una serie ricca di spunti e suggestioni, credo sua questo il motivo per cui permane nella vetrina di Netflix come in quella Box Set di Sky. Poi ognuno è libero di vedere le serie che preferisce a seconda della propria sen risibilità, però io ritengo che se sei appassionato di serialità televisiva e non hai visto Lost ti manchi un pezzo.
D. Lost è stato senza dubbio un fenomeno sociale, all’epoca della sua messa in onda. Credi che quello del pubblico sia stato un comportamento organico – ovvero “non indotto” da nessuno – oppure c’è stata della premeditazione da parte degli autori nel voler creare una sorta di community interattiva dietro al loro progetto?
R. Gli autori hanno incoraggiato utenti in rete e interattività attraverso chat nate spontaneamente. Tieni presente che il precedente telefilm cult e popolare allo stesso tempo era X-Files, la cui produzione si prendeva carico di far chiudere i siti dedicati alla serie in quanto ritenuti fuorilegge perché sfruttavano un marchio registrato. Nel caso di Lost, invece, si è deciso di sfruttare appieno le potenzialità del web come ulteriore ed efficace strumento per propagare l’efficacia del marchio e della serie. C’è stata una luna di miele durata tre anni nei quali l’interazione autori/spettatori si è rivelata proficua fino a quando lo show ha esplorato territori inaspettati, e una parte del pubblico ha cominciato ad assumere un atteggiamento critico. Purtroppo gli autori di Lost sono stati avanti per i tempi anche sotto questo aspetto, sperimentando l’aggressività del web ben prima dell’introduzione dei social network
D. Sia io che te siamo stati talmente folgorati dal Telefilm Lost da metterci in gioco in prima linea: io all’epoca avevo creato un piccolo fenomeno di nicchia, ovvero il podcast LostPod, durante il quale analizzavo le puntate di Lost dando spazio a curiosità e teorie in collaborazione con gli ascoltatori. Tu invece ne hai scritto un libro, “Totally Lost”, diventata una vera e propria “bibbia” di riferimento su questo programma TV. Com’è nata l’idea del tuo libro?
R. L’idea è venuta all’editore (Area51 publishing) perfettamente a conoscenza della mia passione per questa serie. L’esigenza è nata in me dopo essermi reso conto che molta gente non aveva compreso il finale, liquidando tutto i lavoro fatto con toni decisamente superficiali. Allora ho pensato di rielaborare ogni aspetto a scopo divulgativo. Quindi l’editore mi ha chiesto uno sforzo ulteriore: una guida agli episodi narrata (per la versione ebook). Il che ha reso l’opera mastodontica. La versione cartacea non ha la guida perciò comprende un numero di pagine accettabili.
D. Parliamo appunto del finale. Nonostante il suo enorme successo mediatico, possiamo definire Lost una serie controversa. A molti infatti ha lasciato l’amaro in bocca per via di una conclusione non del tutto soddisfacente e per la lunga serie di misteri lasciati irrisolti o – quantomeno – nel dubbio. A distanza di tempo, qual è la tua percezione definitiva sulla serie?
R. La percezione resta la stessa di quando è terminata la serie. Lost è una serie complessa e composita, se non lo fosse stata non avrei sentito l’esigenza di scriverci sopra un libro. È un puzzle fatto di tante tessere e sono convinto del fatto che chi ritiene insoddisfacente il finale non ha considerato tutte le tessere del puzzle. I misteri sono stati risolti tutti, semplicemente bisognerebbe fare lo sforzo di leggere tra le righe. La didascalia non è la cifra stilistica della serie.
D. Chiudiamo con una domanda da veri nerd del telefilm Lost: c’è un gadget che non dovrebbe mancare nella “cameretta” di un vero appassionato di Lost?
R. Nella mia ho le toppe della Dharma Initiative da applicare alle giacche, e vari altri ammennicoli.
Grazie mille Mauro De Marco per il tempo che ci hai dedicato.
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